martedì 5 ottobre 2010

Il Museo etnografico "Giuseppe Sambataro"

Nella casa d’angolo tra la IV Retta Levante e la XX traversa, la più breve della scacchiera, accanto a un portale di pietra ben piantato e sovrastato da un orso, c’era un cartello giallo con una scritta nera che presentava a nome del Comune di Belpasso, con tanto di Fenice d’ordinanza, il Museo etnografico Giuseppe Sambataro.
Lo smarrimento dei piccoli alunni delle elementari lì menati in visita di istruzione, davanti alla parola arcana “etnografico” era puntualmente risolta a favore di un’interpretazione vulcanica dell'offerta museale. A Belpasso, paese alle pendici dell’Etna, un museo poteva essere solo etnografico.

Invece, varcato il portone, accolti dal maestro di cerimonia, quel Venerando Bruno mai abbastanza compreso, mai abbastanza rimpianto, si apriva un mondo.
Filosofeggiando un po’, si apriva il Mondo, se, come pare, nella parte c'è il tutto.
Frammenti e selci del neolitico aprivano una polverosa rassegna che, passando per la Magna Grecia, Roma e gli Angiò, arrivava ai labari dei fascisti.
Diecimila e più anni racchiusi in una passeggiata tra mensole e scaffali accompagnati dalle maestre e dal padrone di casa.
Sì perché il museo, pur essendo comunale era, nei fatti, la collezione privata di Venerando Bruno, pazientemente messa insieme in anni di scavi privati, di camminate per mercatini delle pulci, di scampagnate nei dintorni del paese.
A noi cuccioli d’uomo, allevati a pane e catechismo, interessavano soprattutto le armi, i proiettili, le schegge di granate e di bombe, anche perché il buon anfitrione ci spiegò sottovoce in quali campagne avremmo potuto trovarle per le nostre giovani collezioni.
Il museo fu inaugurato proprio in quegli anni, nel 1988 e, nel disinteresse colpevole delle amministrazioni che si sono succedute, ha chiuso il suo portone nel 1994.
I rapporti istituzionali tra il fondatore e il Comune e gli enti locali sono stati assai tesi, basti pensare che in sei anni la struttura museale ha potuto contare su un finanziamento complessivo di otto milioni di lire, nonostante fosse l'unico organismo museale ad aver avuto un decreto speciale del Presidente della Regione Sicilia per il numero di manufatti e per l'importanza della collezione stessa.
Complice un’accertata spigolosità di carattere di Bruno, unita alla monumentale ignoranza di sindaci e assessori dell’epoca, quel coraggioso tentativo di erigere una casa della memoria si trasformò in doloroso contenzioso.
Promuovere la cultura e l’interesse verso la storia, le parole d’ordine del Bruno pensiero, mal si accordavano con gli anni ruggenti del rampantismo politico economico mafioso di fine anni ottanta e così, in poco tempo reperti e manufatti finirono inscatolati a data da destinarsi.
Nove anni dopo la scomparsa del professor Giuseppe Sambataro, cui gli stessi negligenti politici di allora oggi tributano ipocriti onori, scompariva anche il museo a lui dedicato.
In una bella intervista così parlava di lui Venerando Bruno: “Spesso diceva: <>. Paradossalmente questa mancanza aveva permesso che il nostro paese rimanesse pulito. Mentre gli altri (paesi) avevano i territori devastati, noi potevamo ricostruire il passato… pare avesse temuto quello che poi effettivamente sarebbe successo.
Il museo è un omaggio a lui stesso, un omaggio a un belpassese che ha riscoperto alcuni personaggi importanti della nostra storia. E’ quasi un dovere intitolarlo al massimo studioso della cultura belpassese.”.
(Intervista a Tony Carciotto, www.terraemalpassi.splinder.com/archive/2008-01)
E a proposito dell’inderogabile necessità di riapertura del museo:
“Belpasso ha bisogno del museo, ma questo non può che essere solo uno degli aspetti su cui porre l’attenzione tra tutte le possibili sfaccettature di questo tipo di tematica culturale. Oltre al museo, di molte altre cose hanno bisogno i belpassesi per sentirsi in pace con la propria storia. Esso non può essere la nostra unica testimonianza del passato a meno di non renderlo più complesso e più completo. Si pensi alle ballate, alle canzoni, al teatro, alle aree archeologiche alle importantissime aree di interesse ambientale. Sono troppe le cose importanti per essere tutte compendiate da un museo. Allo stesso tempo questo può essere un importante punto di partenza per tutte quelle risorse già da troppo tempo trascurate.” (cfr. id.)

Il museo etnografico Giuseppe Sambataro non ha mai riaperto i battenti.
Le casse di legno che contengono le sue spoglie somigliano sempre più a sarcofaghi polverosi.
L’opera febbrile di Venerando Bruno si è sopita insieme a lui poco tempo fa.
Altri soggetti (individuali, ProLoco) timidamente, hanno raccolto il testimone del cercatore e nel solco dell’insegnamento empirico del maestro scomparso, vanno per muri a secco, timpe e vavvacani, in cerca di memorie del tempo.
Il pensiero affettuoso va a Bruno, nel ricordo di ciò che ha rappresentato anche per me e con la certezza che alcuni dei suoi semi siano caduti sulla terra fertile.
L’augurio invece va a quei virgulti che hanno imparato, volendo bene a lui, a voler bene a questa terra, al tempo, alla storia.

(Ringrazio Car+C+8 Design per l'immagine)