giovedì 2 dicembre 2010

Oggi si macella

Alcune botteghe esponevamo il cartello il martedì, altre il giovedì, a rotazione più o meno tutte.
Oggi si macella, a caratteri rossi su fondo bianco.
Il messaggio era rivolto ai ghiotti intenditori (un tempo invece ai più miseri tra i poveri) e stava a significare che insieme ai tagli freschissimi di prima scelta, al tritato, allo stufato, erano disponibili succose e sanguinolente interiora: fegato, trippa, cuore, testicoli, polmone, reni.
Le macellerie, come altre categorie commerciali paesane quali il barbiere, il parrucchiere, il panificio, rispondono a criteri di scelta particolari.
Non si diventa semplicemente clienti, ma, come avviene per una fede religiosa o per un convincimento politico, affiliati in maniera esclusiva, permanente e definitiva.
Addirittura eterna se si pensa che il titolo di associati a una determinata bottega si tramanda di generazione in generazione: impensabile affidare i propri capelli a forbici diverse da quelle che hanno tagliato i capelli di tuo padre, e che tagliarono quelli di tuo nonno.
Figurarsi per il tritato di primo taglio o per la salsiccia.
Per le macellerie, specie negli sgargianti anni Ottanta, il vincolo tra cliente e macellaio era, letteralmente, di sangue.
Servirsi in una o in un’altra costituiva un marchio, un distintivo da sfoggiare durante scampagnate e luculliani arrusti e mangia, grigliate rituali che si celebrano per le occasioni speciali. Cioè sempre.
La descrizione di questa liturgia meriterebbe un capitolo a parte.
Due sono le modalità di festeggiamento a denominazione di origine controllata: a’ mangiata e l’arrusti e mangia.
Spesso accorpabili, questi due momenti caratterizzano i principali appuntamenti festivi: 25 aprile, 1° maggio, Pasquetta, Ferragosto; sono imprescindibili per inaugurare una costruzione in compagnia di carpentieri e maestranze; irrinunciabili in caso di campagna elettorale, quando si può perfino reiterare; assai consigliati per addii al celibato (soprattutto se si tiene a perderlo il celibato); raccomandati per compleanni, scampagnate, incontri associativi.
Andare a mangiare una pizza, bere una birra, sono eretici palliativi.

Le ricordo affollatissime, non era ancora tempo di supermercati e centri commerciali dove comprare tutto (dalla soletta alla sottiletta) bianche di marmi e piastrelle, illuminate a giorno per far risaltare il rosso delle carni esposte.
Il gusto estetico, ovviamente, tendeva al truculento: c’era chi esponeva interi quarti appesi, chi non riusciva a resistere all’ostensione della testa del sacro maiale accessori inclusi, chi addirittura il maiale intero avvolto di festoni e luci natalizie.
Il picco delle meraviglie però era senza dubbio l’enorme pelle di vacca pezzata, bianca e nera, stesa sulla parete alle spalle del bancone di Orazio Santonocito, titolare dell’omonima macelleria.
Era la macelleria più grande e rinomata del quartiere S. Antonio. 
Non era l’unica certo, Via Roma poteva contare sulla media di una rivendita ogni tre quattrocento metri, ma quella ad angolo con la VII Traversa aveva oggettivamente un pubblico di fedeli ed estimatori assai vasto.
Il “buonasera don Pippino” rivolto a mio nonno, il cui dito stringevo con la mano, era un appuntamento settimanale imperdibile.
L’acquisto della carne necessaria al pranzo di famiglia domenicale, un momento quasi iniziatico.
L’approvvigionamento prevedeva: maiale e manzo per lo stufato con le patate, da cui trarre anche il sugo per la pasta, cento/centocinquanta centimetri di salsiccia in nodi, tritato di secondo taglio per il falso (falsissimo)magro, fettine per le donne e i bambini, costolette di maiale per secondo e puntine di maiale (i pittinicchi, sia lode a Dio creatore) per dessert.
Al bisogno, e secondo stagione o festività, si poteva integrare l’apporto proteico con lardo, gelatina e salsicce essiccate.
Le donne avrebbero messo mano all’alba alla preparazione dello stufato, impastato il tritato con uova, prezzemolo e pan grattato, messo al forno le salsicce con le patate. Ma la scelta, previa rapida consultazione, e l’acquisto erano di stretta competenza maschile e la macelleria, al pari del barbiere, era territorio per uomini. 
Quella macelleria sicuramente.
Accompagnando padri, zii o nonni si apprendevano gli elementi necessari per tramandare colesterolo, trigliceridi e ipertensione di generazione in generazione.

“Vorrei mezzo chilo di costata, ma di quale animale non me lo ricordo.”
“Giovanotto, qua abbiamo vitello o maiale, quale animale e animale... “.
“Non lo so, torno a chiederlo a mio nonno”.
L’animale era la “trinca” e le risate del macellaio Consoli, grasse ma indulgenti, le ricordo ancora.
Mio nonno mi aveva commissionato l’acquisto di mezzo chilo di fettine e io avevo dimenticato la parola trinca, credendola chissà quale ignoto mammifero. 
In quell’occasione, a prezzo di rossa vergogna e sberleffo, appresi che la trinca era una parte, la costata della lunga, e non una bestia macellabile.
Anni dopo avrei iniziato a chiamarla roastbeef.
(Ringrazio Car+C+8 Design per l'immagine)

11 commenti:

  1. M'hai fatto venire fame.
    Complimenti, Piana. Titrovo in forma.
    Produttivo e "autonomo".
    Bravo

    RispondiElimina
  2. Io qnd ero piccola passavo tutto il tempo del tragitto a ripetermi in testa quello che avrei dovuto comprare..
    Spesso andavo dalla signora Sara(in via 4* traversa) a comprare...mmm...mi pare bottoni..."spagnolette"...(?'!!1)
    ...e una volta pure da tuo nonno a comprare (coi miei risparmi)un bellissimo portatovaglioli in oro (zecchino, ovvio)per la festa della mia mamma...
    Troppi ricordi..(non mi muovo da lì per almeno un'altra ora buona)
    auro

    RispondiElimina
  3. ..come sempre dritto al mio cuore!! mi è venuta la pelle d'oca per la tua frase: << Il “buonasera don Pippino” rivolto a mio nonno >> ..mi è venuto in mente Paolo&Papà

    RispondiElimina
  4. I ricordi sono sempre legati a persone, profumi e colori
    che ritornano all'origine del tempo della vita vissuta.
    Per fortuna esistono persone care che con l'arte della loro scrittura
    danno corpo a queste bellissime emozioni ... Grazie d'esistere!!!

    RispondiElimina
  5. Meglio continuarla a chiamare Trinca. :)
    T-.S.-M

    RispondiElimina
  6. In attesa di pubblicare la prossima sviolinata (ho il materiale in ufficio, chiedo venia) vi ringrazio per le gentilezze e per le esagerazioni.
    Giuseppe Piana

    RispondiElimina
  7. Quasi un anno dopo averlo scritto mi vengono in mente altri suzzi, altre suppizzate e altre suzzerie.
    Ma va bene così, restiamo leggeri.

    RispondiElimina